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OMELIA PER GIUBILEO DELLA VITA CONSACRATA

La liturgia ci conduce in un pellegrinaggio di luce; di luce in luce, per incontrare quel Dio luce da Luce, come afferma la nostra professione di fede, che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e illumina con il suo Vangelo il cuore dell’uomo. Vocazione dei figli della Chiesa è camminare nella notte con la luce che viene dall’alto. Ecco perché ogni anno ci ritroviamo nelle nostre Chiese ad accendere luci, riflesso di quella accesa dalla Pasqua di Cristo, che illumina ogni vita che viene nel mondo. Nel racconto evangelico lucano sono anticipati nel piccolo nato a Betlemme i temi del riscatto e della purificazione, che avranno il loro compimento nel segno di contraddizione di cui parla Simeone ai giovani sposi obbedienti al rituale mosaico. Infatti, colui che si prende cura del genere umano, imparò l’obbedienza dalle cose che patì e reso perfetto divenne salvezza e redenzione, ci ricorda l’autore della lettera agli Ebrei.

Proviamo allora a scrutare questa luce che già appare dalle parole profetiche di Malachia. Anche lì siamo sulla soglia del Tempio di Gerusalemme, e Dio vi giunge come il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai. Malachia anticipa le parole di Simeone: egli verrà per unire e purificare il cuore dei suoi figli. Simeone ed Anna di fronte a Giuseppe e Maria sono il compimento delle parole profetiche che avevano acceso di speranza e consolazione il cuore del popolo di Israele. Carichi di giorni e di memoria. Essi non si trovano nel cuore del Tempio ad offrire sacrifici o a raccogliere offerte, ma sulla soglia, appunto, per attendere il Veniente. “Mestiere” che il sacerdozio aveva lasciato alla profezia, ormai rara in Israele al tempo in cui nacque Gesù ed in possesso degli uomini e delle donne dello scarto. Lo dicevano gli stessi Rabbini, che la profezia si era rifugiata tra i bambini e i folli.

Inebriati dallo Spirito Santo, e carichi di questo scarto profetico, Simeone ed Anna vedono oltre. Scorgono nella giovane coppia che porta con sé il bambino e l’offerta dei poveri, il compimento delle promesse di Dio. Intanto, la macchina dei sacrifici va avanti, la burocrazia del sacro segue le sue strade di sempre. Ma Dio, nascosto nella carne di un bimbo, rivela un modo nuovo di lasciarsi incontrare. Sulla soglia. Lì, generalmente, sostano i poveri e gli ultimi, i mendicanti del pane e del mistero.  Non saranno più i sacrifici a garantire una relazione perfetta con il divino. Non sarà ciò che appartiene all’uomo il dono che placherà la divinità facendo scendere un fuoco dal cielo. Il fuoco sacro non si custodirà più nei templi umani, né potrà essere rubato dall’uomo. Ormai la luce brilla dal di dentro. La fragile tenda della carne umana, ospita Dio. Gesù, fin da bambino ha appreso il grido umano, sa cosa c’è nel cuore dell’uomo. Egli ha in comune con noi il sangue e la carne, e della stirpe di Abramo si prende cura.

Di Simeone non sappiamo nulla, sappiamo della sua statura spirituale e morale e le parole che lo Spirito gli suggerisce come profezia e compimento. Gli occhi di un vecchio destinato alla morte, vedono la luce e la vita. Era scritto nell’antica profezia di Israele: i vecchi avranno sogni; e coloro che sono destinati alla morte con la carne mortale vedranno il Redentore. Di Anna sappiamo qualcosa di più. Apparteneva alla famiglia di Aser. Il nome di uno dei figli di Giacobbe che in ebraico vuol dire “beato”. L’ultima tribù a ricevere la benedizione di Mosè e che nella distribuzione della terra promessa occuperà i territori della Galilea alta, oggi ai confini con il Libano. Ci vengono in aiuto nella interpretazione alcune letture rabbiniche. Come una discente di Aser riconobbe Mosè il liberatore, così questa stessa discendente che “non muore”, riconosce dopo secoli in Gesù il salvatore d’Israele. In effetti, le parole sul figlio di Maria e di Giuseppe che risuonano nel Tempio, luogo dei sacrifici, lo annunciano come segno di caduta, resurrezione, e contraddizione.

Carissimi fratelli e sorelle mentre celebriamo la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù nostro Maestro e Salvatore, rinnoviamo la forza della nostra vocazione alla sua sequela. Siamo stati scelti per essere nella Chiesa soglia e profezia dei tempi futuri. Siamo chiamati ad essere coltivatori di quella speranza che apre strade, che rigenera continuamente i cuori. Non sarà dall’interno che le nostre istituzioni potranno ritrovare la loro forma e il loro rinnovamento, ma se sapranno sostare, come Simeone ed Anna, sulla soglia del cuore umano che è il vero tempio di Dio, a raccontare oggi quelle parole suscitate dallo Spirito Santo che rendono vivo il Vangelo di Gesù. Dal vecchio il Signore saprà trarre il nuovo, se come Maria e Giuseppe ci fideremo e ci affideremo alla sua Parola che fa nuove tutte le cose.   È vero! Davanti alla luce divino umana di Gesù, cadono tutte le barriere che coltiviamo nel cuore. Lasciamoci illuminare da questo segno di contraddizione che ci ammaestra nel dono di sé. Il suo incontro sulle soglie del nostro quotidiano, ci renda già da adesso figli e testimoni della Resurrezione.

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