LA PIETÀ POPOLARE: DA PROBLEMA A RISORSA
Resta vero che la pietà popolare ha dei limiti. Già Paolo VI sottolineava che essa
“resta spesso a livello di manifestazioni cultuali senza impegnare una autentica adesione
di fede”.
Quali sono le istanze critiche? Ne individuo alcune:
– il carattere episodico, anzitutto, che non fa da sfondo all’esistenza: la ricerca di
una consolazione senza conversione;
– l’assenza o la scarsità di elementi essenziali della fede cristiana;
– lo squilibrio tra il culto dei Santi e il primato dovuto a Cristo;
– l’impercettibile contatto con la Sacra Scrittura, molte volte del tutto ignorata;
– l’isolamento dall’economia sacramentale;
– la separazione tra gesti di pietà e impegno di vita: slanci e propositi che vanno
a iscriversi sul libro delle buone intenzioni senza diventare progetto di vita;
– la concezione utilitaristica della pietà;
– il carattere individualistico e privatizzante a discapito della dimensione
ecclesiale;
– lo svilimento dei gesti di pietà in spettacolarità;
– l’induzione alla superstizione, alla magia, al fatalismo.
Forse, però, un po’ troppo sbrigativamente, abbiamo finito per tacciare di
“superstizione” le forme popolari della fede, mentre è nostro compito come Chiesa
purificare la pietà popolare dalle possibili incrostazioni ed elevarla al piano d’una fede
sempre più cosciente e matura, senza eliminarla col pretesto che essa è di ostacolo ad
una fede autentica: “anche i “poveri” e quelli che hanno una fede “povera” hanno diritto ad
avvicinarsi a Dio con i mezzi di cui sono capaci” (CEI, Evangelizzazione nel mondo
contemporaneo. 28 febbraio 1974, EC 2, nn. 1041-1043).
È proprio la pietà popolare ad aver individuato forme particolari per trasmettere la fede
lungo i secoli, facendo sì che l’ignoranza intellettuale non si trasformasse in una ben più
grave “ignorantia Christi”.
Se la teologia e il magistero ci insegnano ciò che crediamo, la pietà popolare, invece,
può aiutare ad esprimere il come crediamo. Comprendiamo, così, perché papa Francesco
ami ripetere che “se voglio sapere cosa credere devo interrogare il teologo ma se voglio
conoscere come farlo devo interrogare il popolo di Dio”. Non a caso egli stesso ha
affermato che la teologia nasce anzitutto in ginocchio arrivando a pregare pensando e a
pensare pregando.
L’esperienza cristiana non è mai ideologica se è vero che trova una sua originalità non
negoziabile nello stupore per l’incontro con Gesù Cristo, nel meravigliarsi della persona di
Gesù Cristo. E questo il nostro popolo lo mantiene e lo manifesta nella pietà popolare.