LA PIETÀ POPOLARE COME MEMORIA DI POPOLO
Trovo molto singolare il modo in cui l’allora card. Bergoglio amava definire la pietà popolare: essa è “lo schiudersi della memoria di un popolo”. Ora la spiritualità del popolo resta segnata dalla rappresentazione che ne fa la Bibbia nel deuteronomio: Israele ricorda attraverso segni concreti quanto Dio ha compiuto per lui.
Il Dio biblico, infatti, si fa conoscere per avvenimenti più che per ragionamenti. Se così non fosse, non capiremmo ad esempio, la lunga schiera di ex voto presenti nelle nostre chiese. C’è un senso trascendente nel cuore dell’uomo che neppure il consumismo e il secolarismo riescono a soffocare del tutto.
Forse, talvolta, esso sembra essere assente del tutto eppure, soprattutto di fronte all’esperienza del dolore, dell’angoscia, della solitudine, della morte, ecco che quella memoria riaffiora. Non potrebbe non essere così dal momento che la vita di ogni uomo mira a qualcosa che va oltre questa stessa vita. Forse la nostra gente non saprà esprimerlo in termini concettuali ma troverà senz’altro il modo di farlo con il gesto.
A ragione credo che sia vero quanto ancora il card. Bergoglio attestava: “Il senso trascendente della vita che si vede nel cristianesimo popolare è l’antitesi del secolarismo che si diffonde nelle società moderne”. Questa la linea che hanno espresso anche gli ultimi papi.
Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Vicesimus Quintus Annus (1988) afferma che la «pietà popolare non può essere né ignorata, né trattata con indifferenza o disprezzo, perché è ricca di valori, e già di per sé esprime l’atteggiamento religioso di fronte a Dio.
Ma essa ha bisogno di essere di continuo evangelizzata, affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico».
Di che cosa è fatta la pietà popolare?
E’ Paolo VI a darcene le linee essenziali allorquando, nella Evangelii Nuntiandi 48,(1975) scrive così: essa «manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione».
È sotto gli occhi di tutti che molte forme devozionali sono praticate dal popolo fedele con un fervore e una purezza di intenzione commoventi; è evidente che la pietà popolare è stata un provvidenziale strumento per la custodia della fede, là dove i cristiani erano privi di assistenza. Forse comprendiamo perché papa Francesco parli della pietà popolare come di un luogo teologico. Scrive il papa nella Evangelii Gaudium al n. 126: ( 2013) «Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione».
È lo stesso Francesco a suggerirci come accostare le forme spontanee della religiosità popolare: “con lo sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare” (EG 125). Quante volte abbiamo visto una testimonianza della fede in una mamma che nell’assistere il figlio malato si aggrappa alla corona del Rosario o a una immagine votiva e magari non conosce il Credo a memoria! Quante volte una candela accesa davanti a una statua ha significato la consegna totale e l’attesa fiduciosa di chi vorrebbe cibarsi delle briciole che cadono dalla tavola dei padroni, come ci ricorda il Vangelo! Quante volte lo sguardo ammirato verso il Crocifisso ha manifestato una compartecipazione amorosa alla passione del Signore! Quante delle nostre vocazioni sacerdotali e religiose sono nate proprio nel grembo fecondo della pietà popolare!
“Chi ama il santo Popolo fedele di Dio – scrive papa Francesco – non può vedere queste azioni unicamente come una ricerca naturale della divinità. Sono la manifestazione di una vita teologale animata dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5)” (EG 125). Di cui non può fare a meno la Chiesa sinodale, in uscita per ascoltare e sostenere il popolo che è chiamata a servire.