IL PROFUMO DI VANGELO
Eccellenza,
ieri pomeriggio, quando mi ha chiesto di prendere la parola all’inizio della celebrazione come Vicario episcopale, ho provato, senza riuscirci, a declinare l’incarico a motivo del legame che c’è sempre stato tra me e Antonio sin da quando, insieme a Marcello, vivevamo questo luogo come la nostra seconda casa se non addirittura, senza nulla togliere all’affetto dei nostri cari, la nostra casa più vera. Qui approdavamo appena liberi da impegni di casa o di scuola: giornate intere accanto a un prete vecchio stampo tutto ravvolto nella sua tonaca nera, il suo basco e il suo sigaro.
Alla scuola di don Vito Matteo abbiamo respirato non le strategie pastorali oggi tanto in voga ma il clima di casa, appunto, il sentirci riconosciuti, presi sul serio, proprio come i primi discepoli con il Signore Gesù.
Quante volte, proprio Antonio, mi ripeteva: “Ma ci pensi che quando bambini abbiamo iniziato a frequentare don Vito, lui aveva già l’età che abbiamo noi adesso?”. E il riferimento era al nostro essere già cinquantenni. Ed è proprio la generosità con cui ci siamo sentiti accolti a far germogliare il seme della vocazione che, uno dopo l’altro, ci ha portati in seminario. Qui trascorrevamo le estati da seminaristi, figli di quello che l’allora nostro pastore Mons. Vairo sosteneva e che cioè il seminario non fosse un luogo ma un tempo.
I ricordi sono innumerevoli come si può ben immaginare ma ce n’è uno che in modo particolare ha sempre caratterizzato Antonio: l’incapacità di dir male di qualcuno. Riusciva sempre a scusare l’altro anche quando la responsabilità era evidente. E questo profumava di vangelo perché, proprio come fa il Signore con noi, si può stigmatizzare l’errore ma mai chi sbaglia.
Una larghezza d’animo come pochi sebbene mi ripetesse che io ero più generoso di lui.
Ieri, l’incredulità e lo sconcerto nell’apprendere della sua dipartita e nel ritrovarmi a rivestirlo insieme ai ragazzi degli abiti sacerdotali: gli ripetevo dentro di me che mi aveva fatto un brutto scherzo. Mai avrei immaginato di prepararlo per la liturgia del cielo dove sono sicuro il Signore lo ha già introdotto oltre che per la Sua grande misericordia, anche per la rettitudine che ha sempre caratterizzato Antonio.
Quando ripenso alla nostra amicizia c’è una frase che mi ritorna sempre in mente, quella che san Gregorio Nazianzeno scrive della sua amicizia con san Basilio: “Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo”. E lui questo lo ha sempre fatto con me fino a pochi giorni fa quando l’ho preso persino in giro perché mi aveva telefonato per chiedere il permesso di celebrare quattro messe proprio ieri dovendo sostituire più confratelli. Gli dicevo: ”Ti poni tutti questi problemi mentre fai del bene ai confratelli?”. E lui, canzonandomi, mi diceva: ”Vedi che mi sto rivolgendo al superiore non all’amico”.
Grazie Antonio per la tua amicizia, per quello che sei stato e continui ad essere non solo per me ma per tutti noi, in primis per la carissima Carmela e per i tuoi fratelli e parenti tutti.
La Chiesa, la nostra Chiesa diocesana, da oggi è più povera. Ci conforta solo il sapere che ora svolgi il ministero dell’intercessore presso il Padre mentre contempli le cose come sono e non più come in uno specchio come, invece, accade ancora a noi.
E come ripeteva santa Teresa di Lisieux, “passa il tuo cielo a far del bene a tutti noi”.
Don Antonio Savone