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GIOVANI, COOPERATE! L’IA NON NE È CAPACE

Un Frate Francescano sale su un palco per parlare a circa 600 studenti: una vera stranezza ai tempi della scuola laica a tutti i costi, eppure questo (bello) strappo alla regola aveva i suoi motivi. Padre Paolo Benanti -dotato di un curriculum che riempirebbe tranquillamente questo articolo- aveva qualcosa da dire a noi studenti sull’Intelligenza Artificiale, il nostro “oracolo tecnologico tascabile”, al quale si può rivolgere qualsiasi domanda che rischia di turbare la nostra calma: a Chat GPT o ai vari LLM posso chiedere la soluzione dell’esercizio di matematica che proprio non mi entra in testa, posso chiedere di scrivere al posto mio quel lungo essay che mi ha chiesto la prof di inglese, ma a questo punto perchè dovrei scegliere cosa mangiare stasera, potrei chiederlo al mio oracolo tascabile, che può risparmiarmi il lungo e tortuoso processo decisionale, e a questo punto lo posso interpellare anche per le grandi scelte a cui sono chiamato: ho un sistema di scatolette di fiammiferi che con un modello statistico mi può dare la risposta migliore (MENACE, un esperimento degli anni ‘60 sul Rewarding, che sta alla base di tutti i modelli di Intelligenza artificiale, funzionava proprio con delle scatolette di fiammiferi).

C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo? Forse sì: Margaret Mead fece notare che queste macchine funzionano con un Cybernetic Loop: sono regolate esclusivamente da un sistema di cause circolari, non sono mosse da una causa finale: la macchina, a differenza mia e tua, non è libera. Il rischio concreto è che si inverta la nostra relazione con queste macchine: non è più il mio dito a controllare il mio smartphone, ma viceversa: smetto di essere libero.

Davanti a tutto ciò uno studente da un lato può sentirsi  attaccato -gli strumenti di IA sono oramai “materiale di cancelleria” di uso quotidiano nelle nostre aule- ma dall’altro lato anche intimorito: quale futuro mi attende se c’è il rischio che una macchina possa fare meglio di me il lavoro dei miei sogni? O forse saremo la generazione che farà dei lavori che oggi neanche esistono -questa è la prospettiva di Padre Benanti- partecipando alla rivoluzione digitale, diventando magari gli “Steve Jobs della Basilicata”.

Per fare ciò bisogna lavorare assieme, cosa di cui non è capace  l’Intelligenza Artificiale, che sin dai suoi albori è concepita piuttosto per vincere delle sfide.

In questo le nuove tecnologie sono sicuramente d’aiuto, ma non possono fare tutto il lavoro: per noi rappresentano ciò che per i nostri antenati di 60.000 anni fa rappresentava una clava: una clava certamente non si muove da sola, e può essere allo stesso tempo strumento utile  o pericolosa arma.

Antonio Pio Sileo
Liceo Scientifico G. Galilei

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