CAMMINARE INSIEME NELLO STILE SINODALE
Con il mandato agli operatori pastorali si è chiuso il Convegno diocesano. Una tre giorni che ha visto la partecipazione delle realtà parrocchiali e associative. Operatori pastorali che hanno “camminato insieme” in perfetto stile sinodale in vista dell’importante tappa giubilare che la Chiesa universale vivrà nel 2025. Nell’omelia della messa conclusiva che si è celebrata nella cattedrale di Potenza, l’Arcivescovo, mons. Davide Carbonaro ha sottolineato l’importanza di un “noi” ecclesiale che deve essere capace di includere e non escludere. “Il Cammino sinodale – ha detto – ci aiuterà a tagliare con un passato che non c’è più, con quelle forme di appartenenza che ci isolano dagli altri”, indicando come la Chiesa debba guardare avanti, lasciandosi alle spalle divisioni e rigidità.
L’Arcivescovo ha proseguito esortando la comunità a vivere il sinodo come un’opportunità di rinnovamento e apertura. “Non ci è detto di rimanere in circolo, dentro i nostri cenacoli, dentro i nostri gruppi spesso autoreferenziali e incapaci di rigenerarsi, ma muovere passi profetici e sguardi di speranza dentro di noi e intorno a noi”, ha spiegato, richiamando l’attenzione sulla necessità di un cambiamento profondo, in cui la Chiesa si lasci guidare dallo Spirito Santo verso nuove forme di servizio.
L’omelia ha poi toccato il tema della condivisione dei doni e del servizio verso i più bisognosi, con un forte appello a riconoscere i segni della presenza divina non solo all’interno delle strutture ecclesiali, ma ovunque vi sia bisogno di amore e compassione. “Ci vogliono mani, piedi e sguardo per offrire un bicchiere d’acqua ad uno di questi fratelli più piccoli. Ci vogliono orecchie che giungano al cuore prima che la voce degli ultimi giunga davanti a Dio”.
In conclusione, l’Arcivescovo ha ribadito il valore del Cammino sinodale come percorso di trasformazione e guarigione per la Chiesa, sottolineando il ruolo fondamentale della comunità. “Il Cammino sinodale ci restituisce mani alzate e disarmate che guariscono le ferite dei poveri e degli ultimi”, ha concluso, tracciando un futuro di una Chiesa sempre più aperta e accogliente.