TRA LE BRACCIA DEL PADRE: IL NOSTRO ADDIO A PAPA FRANCESCO

Era il giorno dopo la Santa Pasqua.
Nei nostri cuori vibrava ancora la gioia di aver visto Papa Francesco tra noi: affaticato, sofferente, ma sorridente, come un padre che non abbandona mai i suoi figli.
Poi, improvvisa, la notizia che non avremmo mai voluto ricevere: Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre.
Il silenzio che ne è seguito è stato quello delle grandi perdite, un silenzio carico di gratitudine, dolore e amore.
Anche il mio pensiero è subito corso a un ricordo personale: quando, da giovane lucana, emozionata e timorosa, varcai per la prima volta l’Aula Nervi.
In quell’abbraccio ideale, ascoltando le sue parole semplici e vere, ritrovai le mie sofferenze, i miei sogni, la mia fede vissuta tra fatiche e scelte coraggiose.
Papa Francesco aveva dato voce al mio cammino, parlando della dignità del lavoro e della sofferenza di tanti giovani privi di opportunità. Quando denunciava un sistema che premia pochi privilegiati e dimentica i più autentici, sentivo che parlava proprio a me.
Quelle parole — “Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!” — mi avevano toccato il cuore.
Quante volte avevo sentito il peso dell’impotenza di fronte all’ingiustizia! Quante volte avevo sfiorato la tentazione di arrendermi…
Eppure, incrociando il suo sguardo luminoso, compresi che la mia fatica non era vana: restare onesti, credere in un futuro diverso, era già testimonianza. Era la risposta viva a quella “vocazione al lavoro” che lui ci aveva indicato.
Ora, nel salutarlo, riaffiorano quelle stesse emozioni.
Papa Francesco ha camminato accanto a noi, non sopra di noi. Ha toccato con mani ferme e cuore tenero le ferite del nostro tempo.
In questi giorni, il mondo intero si è stretto attorno alla sua memoria.
Egli che ha offerto la sua sofferenza per la pace e la fraternità fra i popoli, sino all’ultimo bagno di folla la mattina di Pasqua, sta già raccogliendo i frutti del suo sacrificio.
Abbiamo visto immagini che parlano più di mille parole: l’incontro nella Basilica di San Pietro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, distanti in politica ma uniti dal rispetto davanti a chi aveva instancabilmente invocato la pace.
Abbiamo letto i messaggi dei potenti del mondo, che lo hanno ricordato come voce universale della dignità umana e della solidarietà, capace di abbracciare con amore l’intera umanità.
Oggi, nei funerali solenni a San Pietro, la sua umiltà ci ha toccato ancora una volta.
Su quella bara di legno semplice, le pagine del Vangelo, sfogliate dal vento, hanno evocato ricordi a noi tanto cari.
Papa Francesco non ha scelto onori né monumenti: ha scelto di addormentarsi dolcemente tra le braccia della Madonna Salus Populi Romani, l’icona a cui aveva affidato ogni suo viaggio, ogni sua paura, ogni suo sogno.
Come un bambino fiducioso, si è adagiato per sempre nella culla che accolse il Bambin Gesù, consegnando il suo ultimo respiro a Colei che era stata la sua compagna silenziosa lungo il cammino.
Un gesto di infinita dolcezza e di profonda fede, che rimarrà scolpito per sempre nei nostri cuori.
A Dio, amato Papa Francesco.
Grazie per aver camminato con noi, per averci amato come figli, per averci insegnato che la vera forza si trova nella tenerezza e nella verità.
La tua luce continuerà a illuminare il nostro cammino.
A te la nostra imperitura gratitudine, come atto di responsabilità perenne nell’annunciare al mondo il Vangelo di Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Re.
Simona Loperte
Direttore dell’Ufficio diocesano della Pastorale Sociale e del Lavoro