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OMELIA NEL GIORNO DI PASQUA

Le donne sono le grandi protagoniste nel Vangelo di Luca che si apre con un sussulto di gioia e di gratitudine al femminile: quello di Maria e di Elisabetta piene dello Spirito Santo che dà la vita e fa fiorire il grembo (Lc 1,41ss). Per poi giungere alle donne testimoni dell’ultimo sussulto di Gesù sulla croce, nel quale è donato lo Spirito (Lc 23,49). Sono ancora loro nel segreto della notte di quel primo giorno della settimana, a mettersi in cammino (Lc, 24,1). Pellegrine di speranza sulla via del sepolcro, dove nella fretta e senza gli onori dovuti, il Maestro che avevano seguito per le strade della Galilea e della Giudea (Cf Lc 8,1ss), era stato deposto. Le donne portano con loro la speranza sigillata nei vasi di olio profumato. È una speranza terrena la loro, conservare il corpo di un morto, custodire delle parole e dei gesti che ormai appartengono al passato. Anche noi come le donne conserviamo le nostre piccole e grandi speranze dentro vasi ben sigillati, come la tomba del sepolcro. Spesso siamo custodi delle nostre delusioni, passando il tempo a fissare dei ricordi che rimangono tali, e a morire con loro. Anche i due discepoli di Emmaus nel loro pellegrinaggio di speranza umana a ritroso, da Gerusalemme a Emmaus, professano la delusione del cuore, al misterioso pellegrino che li accosta: “Noi speravamo che fosse lui, Gesù, a liberare Israele” (Lc 24,21). Come si fa a sperare in un fallito? In un condannato alla pena capitale?  Ma la speranza che il Padre di Gesù Cristo semina nella notte della Pasqua, è diversa da quella che ci immaginiamo noi. Egli è capace di spezzare i sigilli del più terribile dei segreti che ci portiamo nel cuore: la paura del male, e della morte. Per questo il pellegrinaggio della speranza si fa nelle nostre notti, lì dove albergano i dubbi del cuore umano. Lì il Risorto, viene a visitarci scendendo nei nostri inferi e riportandoci per mano alla luce. Eccola la speranza cristiana: una stretta di mano con il Risorto, una risalita con lui dalle nostre vite scarse e galleggianti. Venire alla luce è questione di nascita. Ecco perché quella mattina il sepolcro è circondato dalle donne non per piangere la morte, ma per far nascere la vita. La Bibbia, in una straordinaria continuità, ci presenta le misteriose levatrici egiziane custodi della vita. Quando nell’Esodo le donne ebree dovevano partorire, esse non furono esecutrici di morte secondo il comando del Faraone, ma sostenitrici della vita. Per questo Dio le ricompensò moltiplicando la loro discendenza (Cf. Es 1,15ss). Davanti al sepolcro vuoto e alle parole delle due misteriose figure angeliche, le donne sono piene di timore, come Maria all’annuncio dell’Angelo, e anch’esse si domandano: che senso ha tutto questo? (Lc 1,34). C’è un profondo legame tra i due annunci. Nel primo viene rivelato l’ingresso di Dio nella nostra carne umana. Nel secondo la nostra fragile umanità è portata dentro la vita stessa del Padre, per la resurrezione del Figlio. E noi siamo partecipi di quella vita che è la sua. Eccola la speranza cristiana che mescola parole angeliche, parole di luce: “Non è qui è risorto!”, con parole che vengono alla luce e che illuminano l’intelligenza e il cuore delle donne: Ed esse si ricordarono delle parole del Maestro che aveva loro preannunciato la sua Pasqua di morte e risurrezione (Cf. Lc 24,8). Viene così inaugurata la memoria dell’evento pasquale che non è celebrazione del passato, ma realtà del presente che ha a che fare con il nostro futuro. Anche noi veniamo alla luce dalla Pasqua del Signore. Partoriti dalle acque del battesimo, segnati dal sigillo dello Spirito che conferma l’amore del risorto per noi, riconosciuto allo spezzare del pane, mentre sparisce dalla nostra vista e riappare in mezzo ai fratelli e alle sorelle che condividono con noi la fatica del vivere.

Gesù, sei risorto in una umanità ancora segnata dalle divisioni della guerra e dall’odio. In questi giorni sono davanti a noi i teli intrisi di sangue innocente come il tuo, di tanti uomini e donne, bambine e bambini, che dalla loro morte ingiusta gridano al nostro cuore: basta odio, basta divisione, basta guerre. Il profumo della tua risurrezione si diffonde tra le nostre famiglie, in mezzo alle relazioni ferite, all’inquietudine dei nostri adolescenti spesso affascinati dal male e poveri di riferimenti culturalmente forti e cristianamente coraggiosi. La tua vita rifiorì in un giardino. La Pasqua ci ricordi che tutta la creazione geme nell’attesa della rivelazione piena dei figli di Dio (Cf. Rm 8,22-23). L’equa distribuzione delle risorse comuni, freni la cupidigia del possesso a scapito di una umanità impoverita e in debito. Non sono “rare le terre”, è una rarità la nostra terra, che chiedi di coltivare e custodire con ingegno e lungimiranza, e che dobbiamo consegnare integra e feconda alle future generazioni. La Pasqua fin dal suo mattino nella storia, ha mosso popoli, ha fatto incontrare culture. Non ci spaventi la diversità, non ci chiuda l’alterità, ma sia riconosciuto nella fraternità universale, il bene dell’ospitalità, la forza della condivisione, il coraggio del dono gratuito. Anche noi questa mattina, come le donne ti domandiamo il senso di tutto questo e con Pietro non vogliamo spegnere lo stupore, mentre tu, continui a risponderci: Non temere, sono risorto e sono sempre con te.

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