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EMERGENZA. IL PARADOSSO DELLA BASILICATA: RICCA DI ACQUA, MA È RIMASTA A SECCO

Da settimane servite col contagocce 29 comunità (140mila abitanti). Bardi: senza il prelievo dal fiume Basento situazione drammatica. L’arcivescovo Carbonaro chiede «più rigore a chi decide»

La Basilicata ha sete e affronta una singolare crisi idrica. Anche lunedì, in concomitanza con la seduta straordinaria del Consiglio regionale sull’emergenza idrica, alcune centinaia di persone hanno nuovamente manifestato nei pressi della sede della stessa Assemblea. In maniera pacifica, hanno bloccato il traffico e hanno esposto striscioni e cartelloni, in particolare contro la scelta di far convogliare l’acqua del fiume Basento nella diga del Camastra (ormai prosciugata): una decisione ora operativa per i 29 comuni lucani interessati dall’emergenza. Si tratta dei centri serviti dallo schema Basento-Camastra, tra cui il capoluogo di regione, Potenza, per un totale di circa 140mila persone, che, da settimane, stanno facendo i conti con drastiche riduzioni dell’erogazione idrica.

Gli invasi e gli sprechi

Un autentico paradosso per una regione, la Basilicata, che, oltre ad essere ricca di petrolio, ha sempre potuto contare proprio sull’abbondanza di acqua. Risorsa che addirittura la Lucania ha venduto anche ad alcune regioni vicine. Ma che, in gran parte, viene sprecata prima di arrivare ai rubinetti a causa di reti e condotte colabrodo, in gran parte vetuste e bisognose di urgente manutenzione. Se a questa situazione si somma anche una stagione di ridotte precipitazioni, il quadro diventa molto preoccupante. Proprio per risalire alle cause che hanno portato al perdurante singhiozzo erogativo e per indagare sulle modalità di risposta al problema messo in campo dalla giunta guidata da Vito Bardi (Forza Italia), che è anche commissario per l’emergenza idrica, l’opposizione in Consiglio regionale (Basilicata casa comune, Pd, M5s, Basilicata democratica) ha chiesto una commissione d’inchiesta (primo firmatario Angelo Chiorazzo, di Bcc), che tuttavia l’Aula ha bocciato. Mentre il deputato dem Enzo Amendola, ha invocato l’intervento della Protezione civile nazionale, a fronte della «palese incapacità gestionale dell’emergenza legata alla crisi idrica da parte della Regione e del commissario Bardi». Per il parlamentare, «si stanno registrando difficoltà senza precedenti, zone fino a 30 ore senza acqua, con ripristino del servizio annunciato e mai avvenuto e con nuove sospensioni già programmate. Sta mancando il rispetto verso le persone e la loro dignità. È per questo che – ha proseguito il deputato – la situazione sta diventando drammatica e vi è bisogno di un intervento del ministro Nello Musumeci».

La scelta di attingere dal fiume Basento

Sulla decisione di disporre delle acque del Basento, che pure ha destato perplessità, Bardi ha spiegato che l’Azienda sanitaria di Potenza, esaminate le analisi sull’acqua del fiume effettuate dall’Arpab, ha stabilito che «può essere utilizzata per scopi potabili. Possiamo usarla per bere, cucinare e per tutte le necessità quotidiane. In una prima fase, in attesa delle precipitazioni che quest’anno sono ai minimi storici e considerando che dal fiume prelevare più di una certa quantità (il fabbisogno della popolazione residente è di oltre 800 litri al secondo) significherebbe impattare negativamente sull’ecosistema, sarà necessario continuare in un regime di parziale fornitura. Se non avessi autorizzato un mese e mezzo fa il prelievo dal Basento, oggi saremmo drammaticamente senza acqua. È stata una soluzione obbligata». L’uso delle acque di fiume, ha quindi precisato Bardi, «è peraltro già adoperata in altre realtà urbane: l’approvvigionamento di Firenze è già sostenuto dall’Arno e a Roma e stata prevista la costruzione di un impianto per rendere potabile l’acqua del Tevere in caso di necessità».

La preoccupazione e l’appello della Chiesa

«Desidero essere la voce di uomini e donne della nostra terra di Basilicata, i quali chiedono che venga rispettato il diritto al bene comune dell’acqua»: così l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, monsignor Davide Carbonaro, che non risparmia toni severi, parlando di una «crisi dettata da innegabile incuria delle infrastrutture», e che «richiede un esercizio più rigoroso da chi è preposto alla cosa pubblica. Senza rimanere impigliati dalle polemiche e dai fatalismi – ha quindi rimarcato il presule -, si risolva l’emergenza non con tamponamenti provvisori, ma con una lungimirante progettualità, che veda a lungo termine l’uso dei fondi pubblici per una definitiva risoluzione del problema. E questo senza nascondersi dentro strutture istituzionali che alle volte sono delle vere e proprie scatole cinesi, dove l’irresponsabilità e la mancanza di visione di alcuni, ricade sulla sofferenza di molti». Carbonaro ha ammonito a non considerare l’acqua «un monopolio privato per il profitto di pochi», ma «dono libero dato dal Creatore per il bene di tutti». Alla fine dell’anno liturgico, ha dichiarato il pastore, «ci viene chiesto che tipo di potere seguire. Quello dettato dalle agende dei signori di questo mondo, o il potere di un uomo nudo crocifisso che dona la vita con libertà e insegna a fare altrettanto. Sta qui lo spartiacque della proposta del Vangelo, di quella regalità che scaturisce dal nostro Battesimo». Celebrando nei giorni a scorsi a Balvano (Potenza), tra i centri più colpiti dal terribile sisma del 23 novembre 1980, Carbonaro ha parlato «dei piccoli e dei giovani dei giovani del nostro Sud, soprattutto di quelli che crescono nelle aree interne. A loro dobbiamo molto. Non meritano gli scarti o risorse tampone, ma progetti lungimiranti di educazione, di amore al territorio, di progettualità imprenditoriali intelligenti, che garantiscano una futura stabilità e una rinascita dei nostri centri urbani. Nei loro occhi ho visto la regalità di Cristo che brilla ancora nella nostra storia e ne sono grato».

Le misure adottate dalla Regione

Per contenere la crisi idrica, la Regione ha annunciato investimenti per oltre 230 milioni di euro. Tra i numerosi lavori pianificati, la rivalutazione sismica dello sbarramento e delle opere accessorie al Camastra, l’adeguamento degli impianti tecnologici al servizio delle dighe (Sinni, Pertusillo, Camastra), lo sfangamento del bacino della diga Camastra, per 32,7 milioni, e la realizzazione di un nuovo scarico di superficie per 34,8 milioni, programmati dal commissario straordinario di governo del Piano invasi, in attesa di finanziamento. I lavori per la diga di Senise, inoltre – che è la più grande in terra battuta d’Europa – consentiranno alla Regione di chiedere la rimozione della limitazione dell’invaso, e sfruttare la capacità massima del bacino pari a 485 milioni di metri cubi che rappresenta la metà della capacità di invaso di tutta la Basilicata. Il grosso delle opere, a detta del governo regionale, sarà completato tra l’anno prossimo e il 2027.

Fonte (www.avvenire.it – Vito Salinaro)

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