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PROPOSTA PER LE DIOCESI DI ORIGINE DEGLI UNIVERSITARI FUORI SEDE

Cosa fare per diocesi, città e paesi che vedono i loro giovani più preparati emigrare in città con sedi universitarie alla maturità?

Si potrebbe sostenere che non c’è niente da fare, perché quei giovani debbono essere accompagnati dalle diocesi delle stesse sedi universitarie, Roma, Bologna, Venezia, Palermo, Milano e così via.

Eppure questo atteggiamento porterebbe quei giovani a distaccarsi ancor più dalle loro parrocchie e dal tessuto vitale in cui sono cresciuti e ciò sarebbe, inoltre, un incentivo a dimenticare le loro origini e a progettare il loro futuro solo nelle nuove città, senza più apportare il loro contributo ai luoghi che hanno dato loro la vita e le origini.

Si deve, per questo, tentare una via diversa. Questa via non può essere, ovviamente, quella di proporre loro il cammino originario che potevano compiere quando erano in sede, un cammino fatto dalla messa domenicale nella propria parrocchia, di servizio come catechisti e animatori, lì dove risiedono le loro famiglie.

Si deve pensare, invece, ad una proposta diocesana, sostenuta dal vescovo e dagli animatori della pastorale giovanile ed universitaria delle diocesi di origine.

Innanzitutto si potrebbe creare la tradizione di un appuntamento di orientamento alla scelta universitaria nel quarto superiore, con un incontro conclusivo in cattedrale o in episcopio e con una cena comune, dove il vescovo e i preti potrebbero incontrare i giovani..

Un secondo incontro andrebbe organizzato pochi giorni prima della partenza per le diverse sedi universitarie con la benedizione degli studenti che diventano fuori sede, facendoli conoscere fra di loro prima che partano e dando informazioni e orientamenti sul cammino che li attende.

Gli studenti potrebbero poi radunarsi due volte l’anno in diocesi, nelle vacanze di Natale e in quelle di Pasqua, quando tutti torneranno per le feste in famiglia. Si potrebbe pensare ad una intera giornata in cattedrale o in episcopio in cui preparare la liturgia insieme – ad esempio una delle liturgie del Triduo pasquale – con una condivisione dei pasti e anche di un pernotto nelle sale della Curia, con il vescovo stesso o con i suoi incaricati.

Ciò permetterebbe loro ogni anno di ritrovare coraggio e di confrontarsi a partire dalle esperienze riuscite e di quelle fallite avvenute nelle diverse sedi universitarie, senza perdere il contatto vivo con la propria diocesi.

Nelle sedi universitarie stesse potrebbe essere pensato, invece, un incontro degli studenti universitari di un’intera regione, con l’aiuto dell’Ufficio per l’Università della diocesi dove saranno fuori sede, dove un vescovo a turno di quella regione, ogni anno, potrebbe venire a incontrare i giovani corregionali, che si sentirebbero così sostenuti dai loro vescovi diocesi anche nel momento in cui sono “fuori sede”.

Sono figli di quella chiesa ed essa non li può dimenticare, quasi che non fossero più suoi figli o che potessero essere affidati solo ad altri, perché ormai partiti in missione nel mondo.

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