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La scomparsa di “Lello” Mecca

di Mariateresa Gino

MEIC  regionale (Movimento ecclesiale di impegno culturale)

C’è chi genera col sangue, il professore Raffaello Antonio Mecca ha generato con la testa e con il cuore.

Fin dalla giovinezza, la sua vita è stata segnata tanto dagli studi quanto dall’impegno per gli altri, ma il compito che sapeva di aver svolto meglio era quello di docente di filosofia e poi di Preside: Il luogo in cui meglio aveva vissuto era la scuola: lì ha incrociato vite di molti giovani alunni e di giovani docenti e quando ha potuto le ha illuminate di senso, le ha orientate per sempre.

Davanti alla porta del “suo” Liceo classico elencava i nomi di tutti gli alunni, uno ad uno, come i santi di una litania: la sua preghiera quotidiana era fatta anche di questo. Poi di lettura dei classici, della Bibbia, di sacramenti, di liturgie, di canti.

Dalla sua riflessione filosofica, alta, essenziale, dalla sua esperienza di servizio nella città e nella Chiesa (l’incontro più significativo era stato certo quello con monsignor Bertazzoni, vescovo di Potenza) discendevano da un lato la sua fede di laico impegnato e di intellettuale libero e dall’altro la sua capacità di contatto: nessuno lo incontrava senza ricevere un messaggio, a volte nuovo, a volte insistente, per lo più profetico. Lui nulla dimenticava della persona che incontrava: tutto teneva nella mente e nel cuore e, appena poteva, sosteneva, indicava la via…

Ma, come nel profeta, il suo sguardo era sempre alto, a volte così alto sulla testa delle persone, che i suoi gesti sembravano disumani. Emergeva in questi tratti una personalità a tratti mistica, come quella del suo amato San Francesco, delle cui pur notevoli ruvidezze semplicemente non teniamo conto perché prevalgono per numero e qualità i tanti messaggi positivi che ha affidato alla storia.

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno nel 2022 ha raccontato se stesso in una sala di Palazzo di città della amata Potenza, sfilacciando da una sola treccia, episodi della sua vita pubblica (da sindaco, da direttore dell’Azienda sanitaria, da candidato politico alle elezioni regionali, da personalità di spicco della DC, del movimento Laureati cattolici, dell’Ordine francescano…) e relazioni della sua vita privata, con tale onestà ed essenzialità che sembrava consapevole di lasciare la più magistrale delle sue lezioni: a quanti hanno guardato a lui, a quanti volessero giudicare, quel giorno ha fornito, ancora generosamente, la chiave di lettura della sua personalità e del suo intenso vissuto.

Quella sera era davanti a tanti, ma parlava come ad intimi amici: solo chi ha la coscienza di aver fatto tutto ciò che aveva saputo fare, solo chi non teme l’imperfezione, solo chi confida nella bontà degli altri, solo chi si sente cittadino del mondo, ma sa di essere chiamato ad un ultimo Altrove, solo chi è magnanimo, può esercitare una tale onestà d’intelletto e d’animo.

La consapevolezza di essere prossimo all’Incontro finale, insieme alla sofferenza, ha plasmato quanto restava da plasmare e chi ha avuto la fortuna di incontrarlo negli ultimi tempi sa che l’ultimo calice era colmo del vino migliore.

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